domenica 28 marzo 2010

7 - Domenica delle Palme, con speranza - fr.Tullio

Ciao amici come state? spero bene!
Dopo un bel po' di silezio (quanta acqua sotto i ponti o meglio quante scosse di terremoto in questo mese!), vengo a voi con un breve scritto in questa Domenica delle Palme.
Oggi abbiamo iniziato la Settimana Santa con la solenne liturgia delle palme. Con questa liturgia abbiamo celebrato le due faccie della medaglia del mistero Pasquale: la vita e la gloria, mediante la processione con i rami d'ulivo pensando e proclamando Cristo nostro Re. E allo stesso tempo abbiamo ricordato la sua morte in croce con la lettura del testo della passione, rivivendo il dolore e l'umiliazione provate da Gesú.

Credo di poter dire che quest'anno questa celebrazione ha avuto, almeno per molti di noi cileni, un significato particolare e profondo. In comunione con i tanti i crocifissi nella nostra cittá e del nostro Paese, questa mattina abbiamo celebrato la processione e la messa. Molti cileni stanno piangendo i morti e i dipersi in mare di questo tremendo terremoto, molti di piú sono ancora angustiati e addolorati per la situazione precaria che stanno vivendo e molti sono preoccupati per l'avvicinarsi della stagione delle piogge: in pratica tanti sono senza casa, molte abitazioni sono danneggiate in modo serio e grave, molti ora stanno perdendo il lavoro a causa dei danni nelle fabbriche o nei magazzini della raccolta della frutta... (Già avevo inviato alcune immagini di Curicó dopo il terremoto)

Leggendo e meditando questa mattina nella messa il testo della passione del Signore, mi venivano alla mente i molti volti dei crocifissi del nostra parrocchia. A Nono (nella foto con la chitarra in mano), papá di famiglia, che ha perso casa, lavoro... praticamente tutto, e che porta nel cuore il desiderio di ricominciare e di riprendere a viviere normalmente. Mi veniva alla mente la casa dell'anziana signorina Rebeca, che vive sola con i suoi cinque cani: la sua casa é tutta una crepa (vedi foto) e dopo un mese dal terremoto non vuole andarsene perché quel luogo contiene tutta la sua vita e i suoi ricordi. Pensavo poi alla signora Berta, malata di diabete e di ipertensione, che con i suoi tre figli dorme di notte nella sacrestia di una nostra cappella, e di giorno ritorna nella sua "traballante" casa, anche lei con la paura per l'inverno or
mai vicino, preoccupata per il suo lavoro instabile e con la angoscia del domani. E potrei continuare con una lunga lista di gente che ha perso tutto e porta nel cuore timore, paura, molta insicurezza e impotenza nei confronti delle scosse di assestamento che continuano forti anche dopo un mese.

Il testo della passione di questa mattina terminava con la morte di Gesú, ma sappiamo che dopo la morte vine il giorno della resurrezione, della luce, della forza e della speranza.

Cari amici, in questi giorni tutti noi guardiamo attraverso la ferita della lancia il cuore aperto di Gesú, e in questo cuore poniamo il nostro dolore, e con fiducia e con speranza attendiamo il giorno della resurrezione, della pace e della gioia.
Tutti noi abbiamo preso coscienza che siamo fragili e deboli (basta poco per perdere vita, casa, lavoro ...tutto) e allo stesso tempo abbiamo la certezza che il Signore non ci abbandona, non ci lascia soli a lottare contro le vicende contrarie della vita; e se lui é con noi, nulla ci puó far male o danneggiare.

Attendiamo con fede, speranza e coraggio la Pasqua di resurrezione per ascotare dalla bocca del Signore Gesú: la pace sia con voi!
La pace del risorto é anche l'augurio che faccio e facciamo noi della comunitá Jesús de Nazaret a ciascuno di voi, cari amici.

Grazie per la vicinanza, per il ricordo e per il vostro aiuto concreto.
¡Paz y bien!
fr. Tullio

Nell'ultima foto, i nostri vicini di casa: dove prima sorgevano le sale di catechesi e attività varie della parrocchia San José Obrero, adesso c'è solo un gran vuoto, assieme a un po' di calcinacci.


sabato 27 marzo 2010

Così si presenta adesso la nostra chiesa di Santiago...

Ciao carissimi!

Vi avevo scritto che, grazie a Dio, stiamo tutti bene e i nostri conventi e le chiese affidateci non hanno subíto danni strutturali. Vi avevo anche invitato a vedere le foto della nostra chiesa di Santiago dopo il terremoto, con qualche crepa e con la statua della Inmaculada Concepción senza mani, ma senza gravi danni strutturali.

Ieri c'è stata una forte scossa anche a Copiapó, ma per fortuna è durata poco e confermo che anche lì non è successo nulla di rilevante.

Lunedì con i confratelli di Santiago siamo andati a trovare fr.Tullio, fr.Giuseppe e fr.Pedro a Curicó, dove il terremoto si è fatto sentire.
Dio ci ha benedetti e la chiesa affidataci pochi giorni prima del disastro capitato (ad essere precisi, affidataci "ufficialmente" il giorno dopo il terremoto) è intatta: è una delle cinque chiese agibili della città, le uniche dove attualmente si sta celebrando la messa, in una Diocesi dove il 70% delle chiese ha subíto danni gravi o irreparabili.
E la città non sta bene, nel senso che c'è molta preoccupazione per il futuro, dato che i canali d'irrigazione per l'agricoltura e pure molte aziende e imprese vivono un momento critico per i danni riportati. Per assurdo (o per fortuna) città più colpite dal terremoto come Concepción - quella più ripresa dalle telecamere dopo il disastro - sta meglio perché il commercio s'è rimesso in moto.
E a livello visivo a Curicó, parlando della gente comune e delle abitazioni private, è sconvolgente vedere interi rioni rasi al suolo, adesso che è iniziata la demolizione di tutte le case non più agibili.

Per parlarvi di Santiago e della nostra chiesa, abbiamo dovuto provvedere ai primi due lavori urgenti, cioè far togliere un muro pericolante esterno all'abside della chiesa e pulire tutte le crepe dai calcinacci, stucchi e sassetti vari che avrebbero potuto cadere in testa ai fedeli.
Ora la chiesa è pienamente agibile ma i danni del terremoto sono chiaramente visibili e fanno un certo effetto.
Dovrebbe essere tutto riparabile, anche se stiamo aspettando il parere definitivo degli esperti in materia.

Tra qualche mese dovremo fare un intervento specifico con colle speciali che, inserite a pressione, riempiono le crepe e si espandono in tutte le fessure; e poi rifare gli stucchi e pitture varie.
Per ora nemmeno ci siamo chiesti quanto possa essere il preventivo, meglio non pensarci.

Vi lascio invitandovi a vedere il link delle nuove foto della nostra chiesa, il santuario dell'Inmaculada Concepción a Santiago.

Un saluto a tutti!
fr.Christian

giovedì 25 marzo 2010

4 - Un tempo lungo per riflettere… un tempo propizio per riscoprire “l’essenziale” - fr.Giuseppe


È da giorni che desidero inviare queste righe al blog.
Nell’indirizzarle ai vari amici frati e laici che, di tanto in tanto e sopratutto in questi giorni, cercano nostre notizie, vorrei poter arrivare, in modo speciale, a quegli amici frati con cui ho vissuto gli anni della formazione, anni con molti ricordi belli, simpatici, ricordi che mi hanno accompagnato parecchio in questi dieci anni di Cile, ricordi che in molti momenti (e questo é uno di quelli) ti fanno sentire meno quel qualcosa che si chiama lontananza e - perché no - solitudine.
A Nando, Fabio, Alberto, Alessandro, Renato e... altri: che quello che condivido possa arrivarvi come un gesto di affettuoso ricordo e - se può servire - come una ragione per riflettere e pensare una volta in piú alle cose che “toccano” con forza la nostra vita di persone e di consacrati.

Sono arrivato a Curicó circa un mese fa: lasciandomi alle spalle i dieci anni di Santiago, i ruoli di rettore e parroco, una comunitá di laici attiva e ben unita a noi frati, una vita pastorale dinamica e coinvolgente e, lasciatemelo dire, una stanza spaziosa!!!
Nonostante il discreto “ridimensionamento volumetrico” della stanza che mi ha obbligato a ottimizzare gli spazi “al millimetro”, l’impatto con la cittá era piú che positivo: una cittá bella e accogliente, ricca di verde, una cittá in cui finalmente potere girare a piedi respirando un’aria pulita (addio allo smog di Santiago!!!) e sotto un cielo, finalmente, davvero e persistentemente azzurro.
In parrocchia era bene non andare ancora, visto che il cambio ufficiale (con tanto di Vescovo ad accoglierci) era previsto per il giorno 28 di febbraio. Nel frattempo in comunità iniziavano i primi turni in cucina, che mi obbligavano a “spremere le meningi” e a ricordare quanto vedevo preparare alle donne di casa quando ero piccolo (devo dire che il mio menú é assai povero, peró fino ad oggi nessuno ha manifestado segni di gastro-enterite e, oserei aggiungere, che quasi quasi mi diverte pensare a come variare il classico ragú alla bolognese... peró é meglio che non ci pensi troppo!).
Tutto molto tranquillo mentre incominciava a farsi sentire in me la impazienza di conoscere la nuova realtá parrocchiale e di inserirmi il piú presto possibile nelle attività pastorali. Lasciare incarichi di maggiore responsabilitá (vedi parroco e superiore) fa bene, peró per quanto uno sia consapevole di tutto ció, avendoli assunti per vari anni, ti rimangono nel sangue alcuni “batteri” (vedi il “bacterium parroci”) per eliminare i quali ci vuole tempo e sopratutto quella capacitá di “spogliazione” che tutti auspichiamo, ma che di fatto….
E arriva la notte del 26: tutto ben programmato circa la messa di assunzione della parrocchia, preparata pure l’accoglienza di quanti sarebbero venuti da Santiago, tranquillo il novello parroco (fr.Tullio) alla antevigilia dell’evento.

E di colpo tutto si blocca: alle 3.35 del mattino di quel 27 febbraio ci ritroviamo improvisamente a “ballare” e a “saltare” come non mai.
Ci siamo ritrovati nel giardinetto davanti alla casa, finita la lunga scossa, dicendoci che stavamo bene: nessuno di noi comunque immaginava quanto devastante ed esteso fosse il terremoto che stavamo vivendo. A poco a poco arrivavano le prime notizie su quanto stava passando in Curicó (ben presto avremmo visto di persona i terribili danni) e solo succesivamente quanto successo nel litorale costiero causa lo tsunami. Riuscimmo anche a comunicarci con i nostri familiari in Italia per tranquillizzarli e a comunicare alla Provincia che stavamo bene.
E si arrivava senza luce e con un filo di acqua alla domenica 28 febbraio, giorno della assunzione della parrocchia: attraverso i giornali ci si poteva rendere conto della catastrofe a livello locale e nazionale.
E iniziavano le repliche, alcune davvero forti e in certi giorni assai frequenti e, sopratutto, iniziava il contatto con la nostra gente: visitarla nelle loro case, ascoltarla, “registrare” necessitá, angustia, pena, progetti infranti…

È a partire da questo contesto e in questo contesto che ho iniziato a riflettere come non mai, a chiedermi e a chiedere (al buon Dio)… senza risposte, a cercare di “delimitare” seriamente ció che é essenziale e fondamentale (a livello umano e nell’impegno apostolico/pastorale), a ridimensionare quanto sembra “vitale” e “necessario” e non lo é, o lo é solo parzialmente.
Nessuno di noi tre ha mai manifestato una particolare paura, aiutati forse in questo dal renderci conto di vivere in una casa ben solida, come solida ha dimostrato essere la chiesa parrocchiale che non ha avuto danni (il 70% delle chiese della diocesi é fuori uso: varie distrutte e molte con seri problemi strutturali, mentre quella che ci è stata affidata è intatta). Peró tutti e tre abbiamo “toccato con mano” la estrema fragilitá dell’esistenza umana: l’esserci e il non potere esserci piú (in termini ovviamente di vita) nello spazio di secondi (sono cose che si dicono, peró viverle direttamente é diverso).

Accanto a questa prima e immediata riflessione in negativo, sono scaturite riflessioni positive nel senso che ti fanno non solo dire che la vita é un bellissimo e grande dono che Dio ci fa (sono tante le persone che hanno perso tutto, ma che si sentono riconoscenti al buon Dio per aver conservato in vita loro e i propri familiari: da qui il loro “attingere” la forza, il desiderio, la volontá di ricominciare, di ricostruire nonostante tutto…), ma che la vita in se stessa, e sopratutto in un’ottica di fede semplice e profonda, assume una speciale bellezza quando si recuperano o si accentuano, come non mai, determinati valori.
Spontaneamente e con sempre piú forza si é sviluppato uno spirito solidario: vicini di casa preoccupati gli uni degli altri (in alcuni casi superando e cancellando vecchie difficoltá o rancori); famiglie unite nel dolore e nella tristezza di avere perduto ogni cosa, peró soprattutto capaci di afforontare congiuntamente l’emergenza creando piccole comunitá dove si preparano e si prendono i pasti in comune, si condivide una tenda, si riuniscono i bambini e li si fa giocare. Sentire che qualcuno si preoccupa di te, ti chiede ció di cui hai piú bisogno, ti ascolta, ti accompagna: tutto questo ti fa sentire meglio e aiuta tantissimo a sviluppare (e a volte in un modo inaudito) quel seme di speranza che tutti ci portiamo dentro.

E qui si innesta una riflessione che io definisco “pastorale”: il terremoto ci ha colpiti all’inizio del nuovo anno pastorale (marzo da noi é come settembre da voi) e sono molte le parrocchie la cui chiesa e patronato non sono piú agibili. In un incontro di tutti i sacerdoti della diocesi con il Vescovo si diceva che era necessario se non propio re-inventare, sicuramente ri-pensare questo anno pastorale 2010/2011.
Progetto pastorale diocesano, progetto pastorale parrocchiale: cose sicuramente importanti, ma che in questo momento si devono porre a lato per lasciare posto alla prioritá del “ricostruire”: ricostruire/costruire gli spazi che permettano celebrazioni e attivitá pastorali, ma sopratutto recuperare con forza quella “caritá pastorale” sulla quale spesso prende il sopravvento un giusto ma a volte eccessivo “ardore” organizzativo che trasforma il “pastore” in un “manager”. Parroci e sacerdoti chiamati a una pastorale della persona, che si spendono nell’ascoltare, nell’accompagnare, nel lavorare e ricostruire con la gente, nel sollevare gli animi e, come base fondamentale, privilegiando i momenti della Eucarestia e della preghiera. Non sará forse questo il tipo di pastorale che piú dovrebbe caratterizzarci nella vita apostolica, e questo giá in condizioni di “normalitá”, senza dovere aspettare che un terremoto ci porti via chiesa e patronato?

Noi tre abbiamo la “fortuna” di non avere perduto né chiesa né patronato, peró spero che a fianco del “lusso” che ci possiamo permettere in termini di attivitá pastorali (giá di fatto iniziate) si radichi e si mantenga questa pastorale della persona, una pastorale che ha come modello fondante e fondamentale il “modus operandi” del Signore.
Vi assicuro che tutte le mie impazienze “pastorali” (a carico di che area mi metteranno?, quando iniziamo?, e così via...) stanno perdendo sempre piú forza (non é cosí facile farle sparire di colpo, nemmeno con un terremoto) e sto piuttosto pensando a come “aumentare” il tempo dello stare con, fare con..

Certo che questa terza comunitá della delegazione ha dovuto penare non poco per “nascere”: un lungo e serio discernimento, il no all’ultimo momento della diocesi di Melipilla (ringraziamo il Signore per quel no, visto che chiesa e convento in cui si pensava di andare… hanno avuto seri danni con il terremoto), l’arrivo un po’ troppo “movimentato” a Curicó…
Peró niente é casuale: se siamo qui, in una cittadina dove siamo praticamente l’unica comunitá religiosa maschile, ci sará una ragione: Che cosa ci chiede, che cosa si aspetta da noi il buon Dio? Cosa dobbiamo testimoniare come religiosi e come fraternitá francescana?

Dateci tempo per riflettere e rispondere a queste domande… se riusciremo a trovare una risposta.

Un saluto affettuoso.
Fra Giuseppe

giovedì 18 marzo 2010

3 - Dietro il dolore, la speranza… - fr.Giuseppe

Paulina è una signora di 50 anni circa. L’avevo giá vista alcune volte, dopo il fatidico 27 febbraio, giorno del terremoto, passare davanti alla nostra casa; senza conoscerci, ci eravamo fissati regalandoci un sorriso come saluto.
Sabato scorso, mentre uscivo per fare compere, l’ho rivista e l’ho salutata come al solito; questa volta peró mi sono avvicinato e le ho chiesto come andavano le cose, se aveva avuto problemi con il terremoto: mi ha risposto che stava bene, aggiungendo, con occhi tristi, che aveva peró dovuto lasciare la casa, una casa di “adobe” (paglia e fango) dove era nata e dove la sua famiglia viveva da 80 anni, una casa che avrebbero dovuto demolire (al vederla, Paulina sembrerebbe appartenere a una classe socio-economica di tipo medio-basso).
Mi disse: “Sa, a fianco del terremoto “fisico” con tutte le distruzioni conseguenti, c’é un terremoto emotivo dove si puó arrivare a vivere una morte non fisica, come il perdere la propia casa con tutto quello che racchiude a livello di storia familiare e personale. Do grazia al Signore per stare fisicamente bene, io e i miei familiari, peró non posso fare a meno di andare tutti i giorni a vedere quello che resta della casa e prepararmi al giorno della demolizione (attualmente vive con una figlia). Io e mio marito speriamo che lo stato possa dare un contributo e la possibilitá di chiedere un prestito per ricostruire”.
Guardando il suo volto, dove leggevo un dolore profondo a fianco di una dignitá grande, non ho potuto non dirle che ero certo che avrebbe raggiunto l’obbiettivo: in quel momento ci siamo chiesti recíprocamente il nome e ci siamo salutati con un forte abbraccio.
Oggi ho rivisto Paulina che come sempre andava in “pellegrinaggio” alla sua casa; aveva il volto piú disteso e sereno e mi ha detto che era riuscita a parlare con un funzionario del comune che le aveva dato speranza circa il prestito e la possibilitá di ricostruire, pur sapendo che sará una cosa lunga, forse di anni. [Mentre sto scrivendo arriva l’ennesima replica alle quali siamo ormai abituati, si fa per dire.]

Dietro la storia di Paulina ci sono le storie di tantissimi cileni che hanno perso la casa e stanno, pazientemente e con forte speranza, pensando come poter riprendere a “vivere”, e non a “sopravvivere”.

Chiudo questo racconto con due immagini: si riferiscono a una piantina comprata da Pedro e che avevamo messo davanti all’icona della Madonna: la notte del terremoto è volata a terra con l’icona e giovedí scorso è “ri-volata” a terra a causa di una forte replica. Tre giorni fa mi sono accorto che c’era un bocciolo e ieri é nato un nuovo fiorellino!!! Che sia segno di speranza per noi e per tutti voi.
fr.Giuseppe

P.S.
Nella sede parrocchiale si stanno distribuendo “cassette” di alimenti e cellophane che la Caritas locale sta inoltrando alle parrocchie. Continua pure il lavoro di “catasto” delle famiglie con seri problemi alla casa: non appena ci sará una proposta concreta di “progetto casa”, informeremo inmediatamente. Frattanto, continuate a ricordarci nella preghiera.

mercoledì 10 marzo 2010

In risposta a chi ci ha chiesto come poter aiutare - fr.Christian



Ciao carissimi!
Qui a Santiago la situazione si va normalizzando, quasi tutti gli uffici e negozi sono aperti, e pure gran parte delle chiese.

Qua e là ci sono ancora persone che vivono in tenda, perché le palazzine dove vivevano sono inagibili, ma come sempre sono casi dettati da costruzioni non a norma, fatte senza rispettare le leggi antisismiche che qui sono molto rigide (anche se poi non c'è controllo per verificarne il rispetto) o risparmiando su ferro e cemento.

Anche a Curicó la situazione è molto migliorata per quel che riguarda l'emergenza, che rimane soprattutto nei paesetti di campagna, non tanto in città. Ma la distruzione è tanta, soprattutto nel centro storico della città. Le immagini che voi vedete in Italia sono a partire proprio da Curicó, e spingendosi più a sud del Cile (un Paese lungo 5.000 km), in una zona che va dai 200 ai 600 km a sud della capitale Santiago. A nord di Santiago, incluso Copiapó, finora non c'erano stati danni, anche se questa notte una forte scossa ha avuto come epicentro una cittá a 800 km a nord di Copiapó, con un po' di danni e qualche ferito.

Al sud la situazione è abbastanza drammatica, ancor più a causa dello tsunami che del terremoto, e ha colpito soprattutto i paesetti lungo la costa, che inoltre sono i più difficili da raggiungere e meno forniti di provviste.
A Concepción invece, che è una città assai grande, già si è ristabilita la sicurezza e stanno arrivando gli aiuti.

Cominciando a rispondere ai molti di voi che mi chiedevano in che modo poter aiutare, vi posso dire che il Paese si sta muovendo in modo massivo per raccogliere alimenti e vestiti da inviare nelle zone più terremotate.
Da inizio settimana le chiese e alcune altre strutture sono diventate dei punti di raccolta, e soprattutto da oggi a domenica ci saranno varie iniziative a reti televisive unificate (la cosiddetta Teletón). Con la pastorale giovanile e la pastorale solidale saremo impegnati in questa raccolta... appena potrò vi invierò qualche foto.
Ma la nostra preoccupazione, come della Caritas e della Chiesa cilena, è soprattutto rivolta al dopo, alla ricostruzione. Già sappiamo che tra un mese saranno meno gli aiuti e le iniziative, ma molte le famiglie ancora senza casa e bisognose di cibo. Inoltre finora c'è stato il sole ad aiutarci, ma tra un po' arriva la stagione delle piogge per la gente del sud.

In questo senso abbiamo pensato che, senza fretta e nei limiti delle possibilità, potremmo chiedere il vostro aiuto raccogliendo fondi che serviranno tra qualche settimana, appoggiandoci alla Caritas o ad associazioni che nel frattempo ci daranno garanzia, e aiutando così la ricostruzione nelle zone più devastate.

Non nascondiamo la preoccupazione più personale, anche se meno urgente, di dover cominciare lavori di restauro anche nella nostra chiesa di Santiago, che pur non avendo avuto crolli strutturali, avrà bisogno di un bel lavoro per renderla nuovamente affidabile e accogliente.



In conclusione, per quanti volessero fare qualsiasi tipo di offerta (deducibile), possono specificare la causale "PER TERREMOTATI CILE" nel conto corrente della Caritas Antoniana: C/C 12 74 23 26
intestato a: PPFMC Caritas S. Antonio - Onlus,
Via Donatello, 21 - 35123 Padova
oppure fare un bonifico bancario al Cod.IBAN: IT05 S050 1812 1010 0000 0505020
di Banca Popolare Etica con la stessa intestazione e identica causale sopra specificate.

Ringraziandovi fin d'ora per quanto potrete contribuire, con le vostre preghiere e/o i vostri aiuti, vi saluto a nome di tutti i frati in Cile.

fr.Christian

lunedì 8 marzo 2010

2 - Visitando alcune case della parrocchia di Curicó - fr.Giuseppe

È venerdí 5 di marzo e sono passati 6 giorni dal terremoto.

Con suor Speranza e due assistenti sociali della diocesi (Hilda e Jorge) iniziamo a visitare alcune case vicine alla chiesa parrocchiale per verificare, direttamente in terreno, le condizioni “strutturali” delle stesse e, sopratutto, per stare con la gente e capire un po' piú a fondo quello che sta vivendo e ció di cui maggiormente ha bisogno.

Hilda e Jorge hanno il compito di raccogliere alcuni dati, attraverso un formulario giá preparato, per potere cosí realizzare una specie di “catasto” sommario sulle condizioni in cui si trovano le case maggiormente colpite (é un lavoro che si cerca di fare in tutte le parrocchie che lo chiedano e che permette di verificare se anche la Municipalidad lo sta facendo).

Anche da noi, come in tutta la zona colpita dal sisma, sono moltissime (la maggioranza) le case costruite in “adobe” che é una mescolanza di fango e paglia su di uno scheletro costituito da pali di legno: questo spiega come, con una intensitá tra i 7 e i 9 gradi della Richter, le pareti si siano fissurate tanto facilmente sino a cadere.

Personalmente avevo chiari gli obbiettivi della visita: un primo obbiettivo “tecnico” (vedere direttamente il tipo di danno e la sua entitá: da qui le possibili soluzioni a breve e a lungo termine) e un secondo obbiettivo assai importante in questo primo tempo post-terremoto: conoscere la famiglia (ricordo che abbiamo preso possesso della parrocchia il giorno dopo il disastro conoscendo solo sommariamente la realtá parrocchiale), quello che aveva vissuto e stava vivendo (continuano le repliche abbastanza frequenti e ancora forti, per cui molti preferiscono o sono costretti a dormire fuori, all’aperto, in tenda quando la possiedono; si pensi poi a quanti hanno perduto e in modo drammatico i propi familiari ), la composizione della famiglia (quanti hanno perduto la casa vengono accolti da familiari o amici piú fortunati, se cosí si puó dire) e se qualcuno sta lavorando o se hanno perduto il lavoro; ultimo aspetto di questo secondo obiettivo, forse il piú importante, dare alla nostra gente la possibilita di essere ascoltata nel manifestare tutto un vissuto emotivo che non puó non colpire con forza il mio, il nostro cuore.

Nessuna foto scattata, per rispetto e perché non é questo il momento, peró quanto “registrato” nei miei occhi (quanto visto), nelle mie orecchie (quanto ascoltato), nelle mie braccia (abbracciando bambini, giovani, adulti e anziani) e nel mio cuore costituisce un insieme di fotografie che non andranno mai perdute.

La situazione é davvero complessa: in questa prima fase “post” non mancano alimenti, vestiti e altri prodotti di maggior necessitá (in futuro penso che questo problema si fará sentire per la mancanza di potere d’acquisto da parte della gente causa la perdita del lavoro o un largo tempo senza lavoro).
Il problema piú serio é la casa: moltissime case si dovranno demolire per cui “dove vivere?” (io non sono un “tecnico” peró demolire su larghissima scala e toglire le macerie richiederá tempo: Cile é un paese preparato ai terremoto, ma non a uno di questa entitá e esteso per piú di 500 km. per quanto si riferisce alle zone in cui si é presentato tra il 6º-9º grado Richter!!).

Ci avviciniamo poi all’autunno e pertanto arriveranno le piogge (speriamo davvero il piú tardi possibile). Si parla di tende e casette di legno in attesa di soluzioni definitive: ci sará pertanto bisogno di molti soldi per il relativo acquisto per cui l’aiuto di privati e istituzioni é piú che necesario (fondamentale l’aiuto da fuori paese).

Siamo dunque in una prima fase di studio, di stabilire il da fare agendo in rete con i diversi organismi/istituzioni ecclesiali e civili senza peró perdere tempo. Non sará facile, peró il popolo cileno sta reagendo con una forza incredibile (quanto durerá?) presentando, nella sua totalitá, un volto con una dignitá e una belleza umana che mi fa sentire ogoglioso di “stare” con loro e mi invita con forza a pensare per e con loro, a programmare come comunitá di frati cose concrete per loro e, sopratutto in questa prima fase, a ascoltarli, star loro vicino, dargli coraggio, pregare con loro, abbracciarli con tenerezza, poter far sorridere di nuovo, far loro capire che ci sono, ci siamo, che sará lungo il cammino di risalita, ma che Dio é davvero “el Emmanuel el Dios con nosotros”.

Piú passano gli anni e piú le convinzioni personali si riducono a poche peró “solide”: una di queste é che niente é stato ed é casuale nella mia vita.

Eravamo appena arrivati a Curicó e ben lungi dal pensare di arrivarci in un modo “tanto violento”: peró anche questo deve avere un senso (e ce l’ha sicuramente). Noi tre frati siamo stati fortunati: niente a livello fisico, nessun danno alla casa che abbiamo in affitto e nessun danno alla chiesa parrocchiale (una delle pochissime in queste condizioni a Curicó: moltissime le chiese con danni irreparabili o crollate pressoché totalmente). Per cui il messaggio mi sembra chiaro: darci da fare rimboccandoci le maniche e “in perfetta Letizia”.

Parlando tra di noi frati sentiamo necessario intensificare le visite in terreno per raccogliere sempre piú dati e potere cosí programmare aiuti immediati e richieste di aiuto (dentro il territorio parrocchiale ci sono settori assai poveri, peró ancora da conoscere). Tutta la gente sino ad ora visitata non ha chiesto niente, ha solo ringraziato per essere andati a trovarli, per esserci fermati ad ascoltare, per avere invitato alla speranza, per avere ricordato quanto tanti amici cileni sorrolineano con forza: che Dio li aiuterá a rialzarsi, infonderá loro coraggio e pace interiore pur sapendo che sará durissima la ripresa, ma meno dura se vissuta con gli occhi, le mani e il cuore della fede.

Ho visto gente assai povera, ma davvero ricca in dignitá e sopratutto ricca di una fede semplice, eppure grande (Dios nos ayudará; Padre bendiga a nosotros y sobre todo a nuestros niños); gente capace di condividere il poco che ha (che attenti tra di loro!!). Il tutto in un quadro di dolore enorme. Sono stati momenti per me molto forti, dove la prima reazione sarebbe stata ritornare in fretta con quanto primariamente necessario (dai pannolini per i piú piccoli al nailon per coprire/avvolgere punti “critici” della casa…a…).

Dunque continueremo visitando e con la stessa metodología: vedere, ascoltare dando tempo all’ascolto, annotare per poi riflettere e pensare al da farsi a breve termine e a lungo termine, dove sicuramente é necessaria la elaborazione di un progetto/i finanziato/i (vedasi tende, casette di legno…). E si continuerá ad informare frati e amici. Sento poi che c’é assai bisogno di “luce” per noi frati di Curicó, peró quella luce e saggezza che solo viene dal buon Dio, per cui pregate tanto per noi perché possiamo fare delle parole di san Alberto Hurtado (“hay que dar hasta que duela”... fino a spremersi) il nostro motto in questi giorni e perché si faccia con uno stile davvero francescano, regalando un sorriso e scaldando, fosse solo per alcuni secondi, il cuore di quanti il Signore ci fará avvicinare.

Quanto scritto é lungo, forse “dispersivo e sicuramente ripetitivo” in molti punti, peró sono certo che saprete leggere il tutto con comprensione e iniziando un cammino in nostra compagnia pur stando a 13.000 km. di distanza.

Un abbraccio a voi tutti
Fra Giuseppe


Nell'album della Delegazione trovate le foto del centro città, che servono a capire meglio quanto successo anche in altri settori e nella nostra parrocchia.

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venerdì 5 marzo 2010

1 - Un terremoto che “spezza”, un terremoto che “unisce” - fr.Giuseppe

Sono stati appena tre minuti, ma sono bastati per spezzare vite umane, per spezzare il cuore di tanti amici cileni, per spezzare edifici storici tra cui tantissime chiese, ma non per spezzare la voglia di rialzarsi, la voglia di lottare.
Si sono interrotti cammini, crollati ponti, il mare ha rotto i suoi argini naturali seminando una distruzione unica, peró non é morto il seme della speranza; gli episodi di saccheggio di supermercati e negozi, per quanto tristi e piú che deplorevoli non hanno alcuna forza per togliere la grande dignitá e la bellezza umana dei nostri amici cileni.

Tre i minuti apocalittici, come tre i frati di questa nuova comunitá.
Non c’é dubbio che l’arrivo in questa bella cittadina del sud cileno lo ricorderemo sempre e piú che bene. Otto ore prima del sisma ci trovavamo nella redazione di un giornale locale, uno dei piú antichi di tutto il Cile, la “Prensa”, un edificio pieno di storia, che si affacciava sulla piazza principale della cittá, a fianco della cattedrale: quello che é rimasto é un puro cumulo di macerie!!

Ci siamo shakerati davvero bene: nella stanza i libri della mini-librería arrivavano sotto e sopra il letto come discoboli e qualcuno é arrivato al bersaglio (il sottoscritto, rimasto nel letto pensando e dicendosi con convinzione: “peró finirá, finirá”…) come un commentario al vangelo di san Luca del Fausti che ha centrato la gamba sinistra lasciando, come simpatica traccia, una “patata” che al momento brilla colori piú che quaresimali.
Solo a scossone terminato ci siamo rotrovati nel giardinetto di entrata alla casa: stavamo bene, felici di ritrovarci senza problemi. Una rapida e sommaria ricognizione della casa mostrava che nulla era rimasto al suo posto: nella cappellina caduto il tabernacolo, un san Antonio di legno, una icona della Madonna…rimasti peró intatti o con lievi scalfitture. Davvero niente pensando a quanto successo e stava per succedere in Curicó, nelle localitá costiere e nelle altre cittá e paesi ancora piú vicini all’epicentro.

Un terremoto che “spezza”, un terremoto che “unisce”.
Arrivando a Curicó da Santiago dove ho lasciato dieci anni di “grande arricchimento umano”, ho provato fin dall’inizio una profonda simpatia per i nuovi amici che il Signore poneva nel mio cammino. Un’esperienza forte come questa fa riflettere e a lato del dolore, della impotenza, della pena provata c’é il sentire la forte chiamata a unire fede, speranza e capacitá personale ad amare alla fede, alla speranza e all’amore di questi nuovi amici. Tutto ha un senso!!
Siamo arrivati accompagnati dalla furia di una natura che spezza tutto quello che incontra ma che non puó nulla contro i sentimenti piú belli che il cuore dell’uomo ha sempre albergato e sempre albergherá.

Che la comunione tra noi tre frati e con la gente possa essere sempre piú forte e vera, cercando in Dio la sua fonte, un Dio che non abbandona mai l’uomo, sopratutto quando sembra tanto lontano, misteriosamente lontano.

Fra Giuseppe



(ciò che è rimasto della redazione de "La Prensa" in Curicó dopo il terremoto)

Chile ayuda Chile 2010




giovedì 4 marzo 2010

Martina che non voleva dormire


editoriale de "La Stampa" del 2 marzo 2010

Martina che non voleva dormire di Massimo Gramellini

Martina Maturana ha dodici anni, vive sull’isola di Robinson Crusoe, al largo della costa del Cile, e non dorme.

Ha appena sentito tremare il materasso sotto la schiena. Una vibrazione l’ha svegliata, ma neanche troppo. Potrebbe tranquillamente girarsi dall’altra parte e ricominciare a dormire, come stanno facendo tutti gli altri seicento abitanti dell’isola di Juan Fernandez.

Martina invece scende dal letto. Vuole capire.

Scuote il padre poliziotto, rintanato sotto le coperte. «Cosa è stato, papà?», «Cosa è stato cosa? Niente, torna a letto». Lei ci va, ma non riesce a prendere sonno.

Allora, in punta di piedi, raggiunge la finestra, guarda in basso e vede. Vede ondeggiare le barche nella baia, al chiaro di luna. E capisce. «Lo tsunami!».

Si precipita in piazza e suona il gong. Adesso sono tutti svegli e corrono all’impazzata verso la cima dell’altura che domina l’isola. Appena in tempo: nel volgere di qualche minuto un’onda gigantesca sommerge la baia, inonda la piazza, distrugge il municipio e le case circostanti. La bambina che non voleva dormire ha salvato la vita di tutti coloro che non volevano svegliarsi.

Ricordiamoci di lei, ogni volta che ci rassegniamo alle spiegazioni rassicuranti e rimuoviamo la realtà per non essere costretti ad affrontarla.

Martina incarna lo spirito di ogni essere umano, com’era al momento della nascita e come dovrebbe essere sempre e invece non è quasi mai: presente a se stesso, capace di meravigliarsi.

In una parola: vivo.


mercoledì 3 marzo 2010

6 - Il dramma del terremoto... in Curicó - fr.Tullio


la gente per strada

Curicò, 3 marzo 2010

Ciao a tutti,
da poche ore (4 giorni dopo il sisma, n.d.r.) abbiamo la corrente elettrica e vi scrivo poche parole.

Noi stiamo bene, la nostra casa non ha nessun danno (é nuova), la chiesa pure, poche cose: vetri rotti, e quelche pezzo di muro caduto (anche la chiesa é una costruzione nuova), ringraziamo il Signore!

il centro cittadino

Come potete vedere dalle foto (o da quello che giá é arrivato in Italia) la nostra cittá é distrutta... Sono stati momenti terribili, non trovo le parole per descrivere quei minuti.

il centro cittadino

La gente ora stá giá pensando alla ricostruzione e con speranza si pulisce, si riordina, e moltissimi pensano alla ricostruzione.

la chiesa di San Francisco, al centro città (non officiata dai nostri frati)

Grazie a Dio l'aiuto tra familiari e vicini é moltissimo e da noi per ora non ci sono problemi di acqua, cibo e vestiario.

ancora dal centro cittadino...

Vi ringrazio delle preghiere per noi missionari e soratutto per il popolo cileno, della vicinanza e dell'affetto; che il Signore protegga questo popolo - questo Paese segnato dal dolore e dalla disperazione di aver perso persone care e per moltissimi casa, lavoro...: praticamente tutto.

Un abrazo
paz y bien
fr. Tullio

la cappellina dei frati dopo la scossa...

la camera di fr. Tullio dopo la scossa...

la camera di fr. Giuseppe dopo la scossa...