giovedì 16 ottobre 2008

7 - Religiosità e folclore - fr.Christian (ottobre 2008)

RELIGIOSITÀ, FOLCLORE E PATRIOTTISMO


Ciao carissimi!
Vi scrivo all’indomani di un giorno glorioso per la storia del Cile, un giorno reso indimenticabile dalla vittoria contro l’Argentina in una partita valida per le qualificazioni ai prossimi mondiali di calcio. E come potete leggere anche negli italianissimi siti internet della Gazzetta dello Sport o di Eurosport, a Santiago i clacson hanno suonato fino a notte fonda, mentre qui a Copiapò il tutto è durato solo fino a mezzanotte.
Comincio la mia lettera con questa storica notizia, cercando tuttavia di smorzare i toni rispetto ai pomposi e ridondanti aggettivi ascoltati nella cronaca della partita o letti stamattina sui giornali, ricoperti di rosso cileno in prima pagina e con poco spazio per parlare di crisi economica mondiale e quant’altro. E ci tengo a sottolineare questo concetto, pur con una notizia tra il serio e il faceto, per farvi comprendere il peso del patriottismo e nazionalismo cileno. Qui tutto ciò che è patrio, è sacro. L’esempio della partita di ieri non è un caso isolato: prima di tutte le partite – anche amichevoli – della nazionale maggiore o delle giovanili, sappiamo a che ora giunge in aeroporto ciascun calciatore militante all’estero e a che ora si riunisce la squadra, ci viene comunicato a che ora è partito il pullman e a che ora è arrivato, tutti i dettagli dell’allenamento e così via. Un po’ quello che succede in Italia ogni quattro anni, ai Mondiali, mentre qui il rituale si ripete ad ogni partita della Nazionale, ed è un eroe nazionale qualsiasi sportivo che abbia ottenuto risultati all’estero. I monumenti nazionali sono i calciatori Zamorano e Salas, i tennisti ancora in attività Gonzales e Massu e il giocatore di golf Aguilar, mentre il calcio italiano è “seguitissimo” grazie ai cileni che giocano in Inter, Roma, Udinese e Reggina.
E dopo essermi dilettato con un po’ di sport, continuo il racconto patriottico descrivendovi brevemente “la festa patria”, 18 e 19 settembre, due giorni in cui tutto in Cile si ferma per festeggiare in una maniera tale che, per farvi capire, posso paragonare soltanto al nostro Capodanno. Testimonianze dirette raccontano di chi ingrassa 5 kg in due giorni, di chi – prima o dopo la festa – digiuna per una settimana, di chi invece impiega la settimana seguente per smaltire tutto l’alcool accumulato nelle vene... fatto sta che per due giorni tutte le famiglie si riuniscono a livello di parentado e festeggiano ininterrottamente tra piatti tipici, bevande alcoliche, canti e balli tradizionali, e qualche gita fuori porta. E il cielo si riempie di aquiloni, il gioco di piccoli e grandi in questa terra desertica battuta dal vento. Vi risparmio invece i commenti e la descrizione delle facce sbigottite e deluse di chi ci chiede dove e come festeggiamo noi frati...
La festa patria non è semplicemente “tradizione”, è anche “legge”. Se è vero che per un mese intero su tutte le auto svolazzano liberamente le bandierine cilene, anche le strade si ricoprono di bandiere perché ogni abitazione deve esporre la bandiera cilena in quei due giorni, pena la multa di 50 euro per chi non adempie e multe minori per chi la espone anche nei giorni precedenti o successivi. Non credo sia una legge applicata, visto che un po’ tutti hanno lasciato sventolare le loro bandiere per settimane intere, mentre noi frati ci siamo limitati al fine settimana, esponendo le nostre due bandiere, cilena e italiana.

Dalla festa patria ad oggi, il mese è stato ricco di eventi ed appuntamenti, tra i quali la visita della Virgen de la Candelaria alla nostra parrocchia. L’immagine della Madonna col Bambino, scolpita su pietra e di pochi centimetri, è stata trovata da un minatore in alta montagna nel 1780 e da allora è conservata nel Santuario cittadino della Candelaria, luogo di grande devozione mariana (per chi vuol saperne di più: www.geocities.com/feb02_cl/1.html). Per festeggiare i 50 anni della Diocesi di Copiapó, col Vescovo e i sacerdoti abbiamo organizzato due mesi di peregrinazione, nei quali l’immagine della Madonna, ovviamente issata su una portantina tradizionalmente addobbata con fiori e colori, ha sostato tre giorni in ciascuna parrocchia della Diocesi. Noi l’abbiamo ricevuta nei giorni “scomodi” che vi ho appena descritto, il fine settimana in cui si stava concludendo la festa patria. Tuttavia la devozione popolare ha animato la presenza di molti fedeli, inclusi quelli che non partecipano alla vita comunitaria e alla messa: possiamo dire che, a parte gli Evangelici che non amano molto la Madonna e le immagini religiose, nei settori popolari (come Borgoño dove celebra fr.Tullio o Cartavio dove celebro io) tutti coloro che hanno festeggiato la festa patria in città, hanno anche partecipato alle varie celebrazioni per la Virgen de la Candelaria.
Vi descrivo un po’ quello che abbiamo organizzato nel Sector Misionero di Cartavio. Abbiamo accolto l’immagine della Madonna alle quattro del pomeriggio di un caldo sabato, tra preghiere e canti, e ci siamo incamminati in una processione che è durata quasi tre ore, accompagnata dal Baile Chino che vi ho già descritto nell’ultima lettera, con soste presso le cappelle di Barrionuevo, Colina e Ampiliación. Alle tre cappelle abbiamo accolto la Virgen in modi diversi: a Barrionuevo con balli tradizionali, soprattutto la cueca, ballata da bimbi e adulti, e alcune simpatiche “cantilene” a Maria; a Colina con una rappresentazione della storia del ritrovamento dell’immagine, animata da alcuni ragazzi; ad Ampliación con canti alla Madonna, soprattutto dei bambini dell’Infanzia Missionaria. E una volta arrivati alla cappella principale di Cartavio, tramontato il sole e con un vento e un freddo terribili, abbiamo celebrato all’aperto una “messa alla cilena”, cioè una messa dove i canti seguono tutti il ritmo della cueca o di altri balli tipici, dove non possono mancare la bandiera cilena e simboli legati alla vita del popolo e campestre, dove il tutto si conclude con il pié de cueca, che sono tre balli di cueca in onore della Virgen, e dove facoltativamente il sacerdote può vestirsi di huaso, ossia con il tipico costume del gaucho o cavaliere addetto ai lavori della campagna. Ho pensato bene di disporre di questa facoltà che mi era data, su insistenza dei parrocchiani che mi hanno procurato tutto l’occorrente, e spero che le fotografie non scandalizzino i rispettabili liturgisti italiani. Dato poi che la sera precedente ci eravamo concessi, con fr.Tullio, una festicciola a casa dei nostri animatori della pastorale giovanile parrocchiale, e che Gabriel, Carolina, Pancho, Lissette, Toño, Amalia e lo stesso fr.Tullio si erano lanciati in infiniti balli di cueca e prodigati a insegnarmene i passi, al termine della messa ho partecipato al pié de cueca, tra lo stupore e l’allegria dei presenti, facendo del mio meglio anche se con poche doti naturali, con stivali due numeri più piccoli del mio piede e con gli speroni ad incutere qualche timore. Lascio a voi il commento delle fotografie con i ragazzi della Gioventù Francescana che hanno animato il ballo...





Per leggere anche ciò che racconta fr.Tullio dell’accoglienza della Virgen de la Candelaria nel settore di Borgoño, trovate la sua lettera di pochi giorni fa in http://digilander.libero.it/viviamaspera/sanfrancesco.pdf
Lì troverete anche un accenno ad altre esperienze ed attività. Avrei voluto scrivervi qualcosa di tutto ciò che si fa per festeggiare solennemente il nostro patrono san Francesco, ma ormai mi sono dilungato troppo, semmai ve ne parlerò a ottobre del prossimo anno.
Aggiungo solo poche righe per raccontarvi l’emozione di aver visto il deserto fiorito, evento che si ripete negli anni in cui piove almeno un paio di volte. Quest’anno è piovuto il minimo indispensabile, un paio di volte, ma alcune zone del deserto atacamegno ne hanno goduto in maniera “abbondante”, cioè pochi millimetri, e questo è stato sufficiente a tappezzare di vari colori il manto marrone e grigiastro della sabbia e roccia del deserto. E i cespugli secchi sono improvvisamente diventati verdi, e pure i cactus hanno prodotto qualche fiore. Nulla a che vedere con la fioritura del 1997, dopo due piogge inusuali di 6 cm l’una, tali da inondare la città (che non ha scoli per l’acqua), tuttavia è stato emozionante vedere fiori gialli, azzurri, ciclamino, bianchi e rossi spuntare dal nulla in mezzo alla sabbia. È il miracolo della vita, della natura, ed il deserto aiuta ad apprezzare di più anche ciò che prima sembrava normale.
Vi saluto così, con un paio di fotografie che testimoniano come qualcosa di bello possa nascere anche dove tutto sembra essere arido e senza vita, con la speranza che sapiate sempre confidare nel Dio che ogni giorno ci regala tanti piccoli miracoli.
Un abbraccio e alla prossima!
fr.Christian

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